Avvenire 24/5/2023
ANSA – ROMA, 26/5/2023
Articolo di Nina Fabrizi dell’ANSA sulla conversazione da lei avuta con il Presidente del CSB, il Professor Letterio Mauro, poche ore prima dell’inizio del 69° Convegno di Studi bonaventuriani.
(di Nina Fabrizio) – (ANSA) – ROMA, 26 MAG –
“Traditore” di San Francesco, “assassino” del suo ordine. Anzi no, santo sulla gloria degli altari e poi anche Dottore della Chiesa per volere di Papa Sisto V. Un teologo e filosofo mirabile i cui semi attraversando i secoli, si rintracciano persino oggi nella profetica enciclica sull’ecologia integrale dell’attuale papa Francesco, la “Laudato Si'” disseminata di sue citazioni. Eppure anche, oltre il ruolo di “Doctor Serapichus”, di illustre professore alla Sorbona di Parigi che si confrontava amabilmente con San Tommaso D’Aquino, anche quello infausto e più “istituzionale” di settimo successore di San Francesco come Ministro generale dell’Ordine, nato nel 1209 dalla rivoluzione del Poverello di Assisi con un numero di adepti che si contava sulle dita della mano e diventato in appena venti, trenta anni un folto e persino rissoso raggruppamento di oltre 30mila frati. “Una vera grana da gestire, tra nostalgici degli iniziali ideali di povertà assoluta, dello spirito ascetico e mendicante, e nuove leve più protese a fare i conti con la realtà e la cura delle anime”.
È tutto questo e di più San Bonaventura da Bagnoregio, una figura che a distanza di otto secoli, ancora “intriga”, tanto che sarà al centro di una tre giorni a lui dedicata dal Centro studi bonaventuriani, proprio a Civita di Bagnoregio, che arriva a festeggiare quest’anno 70 anni di longevità. Un convegno che si apre oggi, che vuole essere una specie di invito vivente a riscoprire il santo mistico.
Di San Bonaventura parla con l’ANSA, il professor Letterio Mauro, con lo stesso entusiasmo con cui ne parlava Bonaventura Tecchi di cui ha raccolto il testimone. Tecchi era stato il fondatore di questo cenacolo sui generis, germanista e letterato di formazione, intellettuale a tutto tondo, a cui si deve anche la stessa rinascita del borgo, oggi così amato da cineasti e folle di turisti da tutto il mondo.
“Civita”, ricorda Mauro, “Tecchi l’aveva battezzata la città che muore, ci vivevano appena un trentina di persone forse all’epoca, arroccata com’è su quella collina di tufo friabile era considerata a rischio crollo. Si può dire che fosse un magnifico rudere destinato a morte certa. Tecchi invece si attivò per costruire il famoso ponte che l’ha restituita al mondo e da lì tanti altri ponti materiali e immateriali nacquero”. Proprio da questi ponti ha ripreso vigore il pensiero di San Bonaventura. Una teologia e una filsofia che vanno certamente contestualizzate nella scolastica bassomedievale ma che sopravvivono a buon diritto nel pensiero attuale, con collegamenti forti tanto nel pensiero di ecologia integrale di papa Franceco quanto più in generale in quello che da qualche decennio sta investendo tutti i consessi globali sulla necessità di preservare l’ambiente, il pianeta e il rapporto dell’uomo con esso.
“Il suo discorso sulla natura ammirata nella sua bellezza come orma di chi l’ha fatta, chiama in causa la responsabilità dell’uomo – spiega Mauro -, il mondo naturale è visto quasi come un libro perchè come un libro richiede che qualcuno lo abbia scritto e che qualcuno lo legga, questo qualcuno è l’uomo. Ci sono tutti gli elementi di un discorso fortemente umanista e antropologico che apre all’idea del mondo da tutelare e da custodire”. “Una natura che in San Bonaventura riporta certamente a Dio – aggiunge -, ma può essere anche un pensiero intrigante per non credenti. Tanto che il libro migliore sul santo di Bagnoregio lo scrisse proprio un ateo, il filosofo Francesco Corvino”. (ANSA).
Orvietonews 29/5/2023
San Bonaventura e Gioacchino da Fiore
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